Ogni terapia è a rischio. E va valutata correttamente

Quando noi medici facciamo la diagnosi in un paziente, dovrenmo essere capace di guardare a tutto il paziente e non a singole parti, valutare qual è il punto in cui intervenire per avere l'effetto terapeutico più efficace, col minimo sforzo possibile.

La medicina a cui oggi facciamo riferimento, dobbiamo ricordarci che non è una scienza esatta, ma "scienze in progress", che si vanno modificando da anno in anno, da decennio un decennio.

E dobbiamo ricordarlo alla luce delle efficacia delle sostanze che utilizziamo, di anno in anno, di decennio in decennio, per sostenere e aiutare Il ritorno all'equilibrio dei singoli pazienti.

Quindi, al di là del "costo economico sul sistema sanitario", dovremmo considerare qual è l'intervento più utile, più efficace, più veloce, per riportare l'equilibrio nelle persone che hanno bisogno, in condizioni di salute precarie.

In ultima analisi, quando facciamo diagnosi e terapia, Dobbiamo considerare sia gli effetti benefici sia quelli non benefici.

Perché non esiste farmaco senza effetti collaterali.

Quindi se io devo risolvere un problema di un paziente, devo essere sicuro che la prescrizione terapeutica che sto facendo sia capace di migliorare il quadro piuttosto che peggiorarlo.

Per questo è importante che i medici si aggiornino.
Per questo esiste l'obbligo in Italia dell'educazione costante in medicina (ECM).
Per questo esistono linee guida di indirizzo così come sistemi di allarme e/o di "dissuasione dalla prescrizione facile".

Se però - sia noi che i pazienti - siamo stati illusi da una "chimera terapeutica" che ha mostrato parecchi effetti collaterali (come il caso dei gastroprotettori o delle statine) dobbiamo essere sufficientemente bravi, sufficientemente responsabili, e sufficientemente rispettosi della conoscenza della farmacologia da non farci rincoglionire da " protocolli terapeutici" uguali per tutti.

O di non vedere gli effetti collaterali.
O di informare i sistemi internazionali di allarme.

Perché siamo 7 miliardi e mezzo di persone tutte diverse.
Dobbiamo applicare il metodo deduttivo per fare diagnosi. E dobbiamo essere come strateghi nel risolvere il problema.

Se la terapia che stiamo applicando non funziona, non dobbiamo per forza pensare che il paziente abbia un "problema psicosomatico", o sia isterico o sia ansioso.

Dovremmo invece domandarci, noi per primi, se non abbiamo sbagliato la diagnosi, se non abbiamo sbagliato l'approccio terapeutico: che cosa non abbiamo considerato nel nostro approccio terapeutico del paziente?

QUESTO non vuole essere un invito a disconoscere l'importanza del rapporto terapeutico tra medico e paziente.

Tutt'altro!

Questo serve a ricordarci che già nel dialogo, nella raccolta anamnestica, nell'attenzione, nell'accoglienza che viene posto al paziente, ci sono informazioni fondamentali per capire qual è il problema che lo affligge e come noi possiamo aiutarlo per rimuovere questa afflizione.

Le parole sono importanti.
Il modo in cui comunichiamo è importante.
Il modo in cui analizziamo la situazione è importante.

Se dovessi trovare un medico o uno specialista che si discosta dalla consapevolezza di questo rapporto, di questa importanza, sappi che la Costituzione ti permette di cambiare specialista.

Perché la tua salute vale!


 





 
Author
Gabriele Prinzi

Medico chirurgo spec. in chirurgia d’urgenza, Iscrizione ordine dei medici di Palermo n°13262,