Quanto dura in media una visita dallo specialista? Secondo una revisione dell’Università di Cambridge, le misurazioni in 18 nazioni che coprono la popolazione mondiale, la durata della visita medica non arrivi a 5 minuti. Il record? I 48 secondi del Bangladesh (tenendo anche conto dell’entrata e uscita dalla porta dello studio). E in Italia? 9 minuti (dati del 2015).
La classifica stilata dal British Medical Journal Open evidenzia come quasi metà della popolazione mondiale (analisi svolte in 18 Paesi) entra ed esce dal medico in cinque minuti. Gli studi evidenziano come la breve lunghezza del consulto è la causa di una eccessiva prescrizione di farmaci, di eccessivo uso di antibiotici e di scarsa comunicazione con i pazienti perché un tempo così breve influisce negativamente sulla cura del paziente e sulla quantità di informazioni che servono ad un medico mediamente preparato per capire la causa e proporre una cura.
I dati del 2015, rivelano che in Italia una visita dura in media 9 minuti. Dati quantomeno allarmanti visto che mostrano come Aziende Sanitarie, Asl, Ospedali e Ambulatori costringono medici e specialisti a RITMI INUMANI DA ROBOT, aumentando il carico di lavoro del medico. Per cui l’Italia è già stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
E quando aumenta lo stress appare il rischio di una SINDROME DA BURNOUT – caratterizzata da deterioramento dell’impegno nei confronti del lavoro, deterioramento delle emozioni associate al lavoro e disadattamento tra la persona ed il lavoro.
Ma tornando a noi, esiste un limite pratico a quello che può essere raggiunto in meno di 9 minuti. La mancanza di tempo è un limite terribile per fornire assistenza specialistica. E i pazienti con esigenze complesse e poli-morbilità non è detto siano gestiti efficacemente. Già dopo 20 secondi il paziente viene interrotto dalle domande del dottore che, per due terzi del colloquio, tiene gli occhi incollati al computer, facendo crollare l’empatia tra medico e assistito.
Eppure nell’economia globale un maggiore ascolto porta benefici a non finire, perché il rapporto medico-paziente è già una forma di terapia: non solo riduce di quattro volte il rischio di ricoveri ma aumenta di oltre il 30% le probabilità di tenere sotto controllo ipercolesterolemia, diabete e rischio cardiovascolare riducendo il pericolo di complicanze.
Di contro a visite sempre più corte si associano prescrizioni sempre maggiori di farmaci e un uso eccessivo di antibiotici. E l’alto rischio di prescrizioni diagnostiche inutili o errori diagnostici. Indipendentemente dalla durata della visita è il tempo dedicato all’ascolto a fare la differenza. A Basilea, in Svizzera, i dottori affrontano un percorso di formazione con un’attenzione particolare all’aspetto dell’ascolto attivo.
I risultati hanno indicato che i medici, in realtà, non rischiano di essere sommersi di parole dai loro pazienti. Per l’80% degli assistiti due minuti di racconto e di ascolto attivo da parte del professionista sono sufficienti per uscire soddisfatti dalla visita. Noi medici siamo investigatori e non prescrittori, e dobbiamo ritornare la ruolo di educare e insegnare ai pazienti come loro stessi possono mettere in pratica ciò che serve per guarire o mantenersi in salute. Restituire ai malati un ruolo attivo e la loro parte di responsabilità!
Il tuo medico curante o lo specialista ti fanno le domande giuste? Ti ascoltano o la loro visita la passano al PC? Indagano le tue abitudini alimentari e sociali? Credono alle allergie alimentari o ti trattano come un ritardato (capita anche a me)? E rivalutano mai la tua terapia sulla base sei sintomi? O anche tu hai uno specialista da “9 minuti”? Se non sei soddisfatto del tuo medico o del tuo specialista, affidati a un professionista capace di ascoltare e preparato ad istruire, ha un valore incalcolabile. Anche una sola consulenza è un investimento. Perché la tua salute vale!